Pubblichiamo un articolo scritto dal prof. Duccio Demetrio, Professore ordinario di Filosofia dell'educazione e di Teorie e Pratiche autobiografiche presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca
"Secondo l’antropologo Marc Augè un luogo è tale se può definirsi identitario, relazionale e storico. Non è quindi automatico che uno spazio, in questo caso uno spazio dedicato all’educazione, sia anche luogo. La scuola primaria “IV Novembre” merita, a mio avviso, questo nome. Si è infatti costituita come tale consolidando nel tempo la propria identità, qualificata, per molta parte, dalla capacità dei docenti di costruire una comunità di pratici in ricerca, costantemente impegnata nella sperimentazione pedagogico-didattica e nella riflessione critica sul fare scuola, e caratterizzata dalla permeabilità verso il territorio, da quel costante farsi ambito di confronto per tutti coloro che si occupano di formazione, anche nel mondo accademico. Una scuola aperta, perchè sa mettere in relazione tutti i soggetti coinvolti nell’educazione dei ragazzi; attiva, improntata a una didattica del “fare” che pone al centro l’esperienza e la scoperta come primi veicoli di sapere; una scuola a tempo pieno, non come opzione assistenziale, ma scelta fondata sulla consapevolezza che la costruzione teorica e la riflessione sulla materialità dell’esperienza richiedono tempi più lunghi e distesi. È in secondo luogo definibile come spazio relazionale nel suo essere dispositivo pedagogico innovativo, che consente agli alunni di fare scuola fuori dall’aula, di operare a “classi aperte”, per gruppi trasversali, di invadere i luoghi circostanti, nella convinzione che il conoscere implichi sempre uno spostamento di sguardo, non solo metaforico. È infine luogo storico sia per l’aver segnato la storia del quartiere in cui è inserita, sia, come dicevo poc’anzi, per quel costituirsi comunità del corpo docente, in cui il singolo si trova iscritto in una storia che lo travalica, finendo per condividere, oltre al presente, anche la memoria del passato, e la progettazione del futuro secondo un indirizzo di senso che viene da lontano.
Lo smembramento di una simile realtà, che ho voluto definire secondo le categorie di luogo per quel suo essere così intimamente legato, come ogni accadere educativo, alla dimensione spaziale in cui trova realizzazione, è atto di incoscienza pedagogica e culturale. Pensare di privare una comunità del suo cuore pulsante è progettare un omicidio, e ancor più non impegnarsi per salvaguardare una realtà scolastica così significativa e interessante è un’azione che offende chiunque, a vario titolo, si occupi di educazione. Da un’amministrazione coscienziosa e lungimirante ci si aspetterebbe non solo la tutela, ma la valorizzazione di una scuola che, ormai da molti anni, resta polo d’eccellenza del territorio varesino. "
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